PPWR: per ProFood decisioni “forti” su basi deboli

(Foto da sito internet ProFood)

Il 18 dicembre 2023 il Consiglio europeo ha definito la sua proposta di Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio (PPWR), destinata a confrontarsi con quella approvata dal Parlamento europeo il 22 novembre 2023.

A tale riguardo, ProFood (il gruppo merceologico interno a Federazione Gomma Plastica che raccoglie 14 aziende italiane produttrici di contenitori per alimenti in materie plastiche), attraverso una nota stampa dei giorni scorsi, ritiene che le sostanziali discrepanze fra le due proposte confermino come la costruzione di tale provvedimento sia instabile. Instabilità che, si legge nella nota, si ravvisa già nelle basi della proposta, ovvero nella valutazione di impatto preliminare, sottoposta a numerose osservazioni e critiche, provenienti anche da enti e autorità interne allo stesso sistema legislativo europeo. 

La valutazione di impatto alla base del PPWR è stata quindi oggetto di una analisi metodologica complessiva da parte del comitato scientifico di ProFood, che, come riferisce la nota stampa, evidenzia numerosi limiti e carenze della valutazione di impatto, in quanto: si riferisce a più modelli di analisi per le valutazioni ambientali, economiche e sociali, con poca uniformità, verificabilità e riproducibilità dei risultati della valutazione d’impatto; in generale è poco trasparente sulle fonti dei dati utilizzati e sui metodi di calcolo; limita, omette o risolve sbrigativamente l’analisi di intere categorie di impatto ambientali, economiche e sociali fondamentali.

(Foto da sito internet ProFood)

Come spiega ProFood, la valutazione d’impatto stima benefici ambientali ottenibili pari a meno dell’1% delle emissioni europee annue di CO2, un risultato irrisorio ma anche sovrastimato secondo il gruppo merceologico, in quanto non considera minimamente l’impatto ambientale causato dall’aumento di spreco alimentare: più studi dimostrano che il “food waste” dovuto al mancato utilizzo del packaging genera emissioni di CO2 cinque volte maggiori di quelle relative a produzione ed utilizzo del packaging stesso. Inoltre, viene rilevato come la valutazione non consideri nemmeno, in termini di sostenibilità sociale ed economica, i potenziali rischi igienici e di sicurezza del consumatore legati all’eliminazione di imballaggi monouso per cibi e bevande.

Questa valutazione d’impatto, secondo ProFood, non utilizza metodologie solide che garantiscano trasparenza dei calcoli e confrontabilità dei risultati e che si basino sull’approccio integrato del ciclo di vita, quali LCA (Life Cycle Assessment), LCC (Life Cycle Costing) e S-LCA (Social Life Cycle Assessment), strumenti, questi, che consentirebbero invece efficaci analisi “parallele” della sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Il comitato tecnico di ProFood ha poi analizzato nel dettaglio la Misura 7 (M7) della valutazione d’impatto sull’eliminazione dei cosiddetti imballaggi non necessari, presupposto e motivazione degli articoli 22 (e del relativo allegato V) e 26 del PPWR, e il suo rapporto con la versione di PPWR proposta dal Consiglio europeo.

Per il gruppo merceologico, le restrizioni all’uso di specifici imballaggi in plastica per alimenti nei settori ortofrutta e HoReCa, che la versione del Consiglio propone, non trovano reali giustificazioni né nella valutazione d’impatto né nell’introduzione o nei “consideranda” di apertura della proposta, né tantomeno nella “neutralità di materiale” affermata dall’articolo 2 del PPWR.

(Foto da sito internet ProFood)

E ancora, secondo ProFood, la valutazione non definisce l’imballaggio “non necessario/evitabile”, né prova il fatto che l’aumento degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio sia imputabile solo o soprattutto agli imballaggi monouso plastici: l’applicazione della limitazione ai soli imballaggi in plastica si fonda su di un preconcetto verso tali imballaggi e contrasta il principio espresso dall’articolo 2 della proposta.

La valutazione, prosegue la nota stampa, trascura il fatto che - secondo uno studio della stessa Eunomia - dal 1999 al 2015 i prodotti da mettere al bando sono stati i più virtuosi in termini di riduzione del materiale utilizzato per produrli e, quindi, dei relativi rifiuti generati, a parità di caratteristiche funzionali: bicchieri e contenitori in plastica vedono ridotto il loro peso medio del 35% (contro il 10% di quelli in carta) e i vassoi in plastica del 40% (contro circa il 13% di quelli in fibra di cellulosa e carta). Nella valutazione di questi imballaggi in plastica, inoltre, nessun valore è stato dato alla loro riciclabilità, con reimpiego diretto e immediato del riciclato post-consumo (a differenza di quelli in carta e cartoncino, per cui ciò non è possibile): già oggi molti imballaggi primari per ortofrutta contengono plastica riciclata fino al 70% del loro peso, ben oltre, quindi, gli obiettivi previsti per il 2040 da altra parte dello stesso PPWR.

Infine, anche la valutazione degli impatti economici previsti suscita molti dubbi: non è chiaro con quali strumenti siano state fatte le valutazioni e quale sia il loro livello di incertezza. Certo è, per ProFood, che una perdita di fatturato di 15.380 milioni di euro e di 133.000 posti di lavoro per le aziende colpite dalle limitazioni e dai bandi (spesso PMI) non è cosa da poco.

Per tutti questi motivi, conclude la nota stampa, ProFood auspica che i prossimi passaggi legislativi tengano conto della debolezza oggettiva delle fondamenta su cui si basa il PPWR e avvengono all’insegna della ragionevolezza e del supporto di dati obiettivi e scevri da preconcetti ideologici: questo tema è troppo importante per gli impatti e le conseguenze che può generare per trasformarsi in una frettolosa decisione politico-elettorale.

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